Certo che come prima recensione, iniziare con un album in cui si è detto praticamente tutto, la cosa non è delle più facili. I titolo che ho scelto per questo post, è sicuramente provocatorio, infatti, "I 4 vecchietti" in questo album dimostrano (hanno dimostrato già tutto), di aver prodotto un album che è sicuramente anticipatore per i tempi in cui è stato pubblicato (come per altri album dei Beatles), ed inoltre è una ottima miscela/compromesso fra sperimentazione e fruibilità delle canzoni. Che dire una cosa non facile!
Per la cronaca, Revolver è il settimo album dei Beatles ed è stato rilasciato il 5 Agosto del 1966.
A detta di tutti, forse non è il miglior album, ma personalmente lo trovo uno dei migliori.
Per chi non conosce i Beatles, o chi li conosce poco, a volte risulta difficile coniugare certi vocaboli, come "sperimentazione", quando nell'immaginario collettivo i Beatles sono conosciuti per le canzonette spensierate come "Love Me Do", oppure "She Loves You" (anche qui vi ricordo che andrebbe ascoltato l'album per capire il contesto in cui sono inserite quelle canzoni), ma prendetevi Revolver ed ascoltatelo!
Sicuramente sarete sorpresi nell'ascoltare "Tomorrow Never Knows", dove un incredibile Ringo Starr sforna dei ritmi di tipo "BreakBeat" tipici della musica elettronica attuale (non a caso i Chemical Brothers si sono ispirati a questa canzone nella loro "Let Forever Be" contenuta nell'album "Surrender", e non a caso la stessa canzone è cantata da Noel Gallagher il quale ha sempre dichiarato di voler rendere gli Oasis più grandi dei Beatles...). Sempre in "Tomorrow Never Knows", l'ascoltatore viene trasportato in un viaggio lisergico con la voce filtrata di Lennon, e con l'immancabile Sitar suonato da Harrison, condito poi da una serie di assoli suonati all'incontrario.
Che dire poi della barocca "Eleanor Rigby", i Beatles dimostrano di saper muoversi con agilità in tutti gli ambiti sonori, particolare resta sempre il mixaggio delle voci, a volte presenti solo in un determinato canale, ad esempio "TaxMan" dove la batteria e la chitarra sono presenti sempre in un solo canale.
Revolver è questo. Un disco che secondo me non finisce mai di stupire, anche nelle canzoni più rassicuranti quali "I'm only sleeping", la melodia principale della canzone e sempre attorniata da strani effetti suonati al rovescio (chitarre per la precisione), ma che si incastrano a perfezione.
Anche qui troviamo una canzone capostipite dei Beatles "Yellow Submarine", la quale ti snocciola sotto il naso una melodia che canti subito dopo che hai ascoltato la canzone, ma forse quello di cui non ci si accorge è quello che succede sotto la canzone, infatti sotto il tessuto sonoro, ci sono un sacco di effetti sonori (voci e rumori) che dipingono la canzone, quello che rende affascinante tutto questo è che quel lavoro è stato fatto senza l'ausilio di campionatori visto che non esistevano.
L'album non si ferma certo qui, il viaggio prosegue (non in ordine), con l'inglesissima "For no one", con un bel pianoforte che scandisce il ritmo e una sezione di fiati che rende ancora più morbida e romantica l'atomsfera in questa piccola opera d'arte, poi troviamo la mitica "Doctor Robert" un rock che a primo ascolto sembra banale, ma poi si apre con etereo coro di doppie voci, la cosa più bella è che anche qui, i Beatles domostrano una maestria nell'arrangiamento, sapendo incastrare a perfezione, questo coro che apparentemente "non c'entra niente con la canzone".
Altro viaggio, "Love To You". Il titolo inganna, invece ci troviamo all'interno di una canzone mistica condita da suoni etnici e sitar, e da una sezione ritmica che ricorda molto i balli di qualche popolazione indiana, bella soprattutto la parte finale dove la canzone accelera quasi come si volesse far andare in trance l'ascoltatore, dopo questo sconvolgimento allucinatorio, approdiamo in una bellissima ninna-nanna "Here There And Everywhere".
Arriviamo poi a "She Said She Said She Said", forse la canzone più semplice dell'album ma con questo non voglio dire che sia brutta, anzi! ed a "Good Day SunShine" la quale si muove con sicurezza e con una melodia azzeccata da un pianoforte che accompagna sia la sezione dei bassi, ma anche le piccole melodie principali della canzone.
Continuiamo il nostro viaggio con la movimentata ma mai scontata "And Your Bird Can Sing", ed alla sorprendente "I Want To Tell You", dove il piano si muove su accordi assolutamente non banali e se vogliamo fuori "canone d'ascolto", infatti ad un orecchio non allenato certi passaggi potrebbero risultare poco piacevoli all'ascolto, mentre invec e sono sapientemente miscelati con i cori. Infine approdiamo a "Got To Get You Into My Life" piena di sezioni di fiati che la rendono forse un po jazz in stile classico, ma molto piacevole all'ascolto.
Ecco si conclude la mia prima recensione, spero che chi non conosca i Beatles o magari l'album Revolver possa ascoltarlo, magari ci potremmo fare 4 chiacchere assieme.
Nota: Le canzoni non sono state descritte nell'ordine con cui compaiono nell'album.
4 apr 2008
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